Pellegrinaggio a Medugorje 17-24/08/2009 – parrocchia San Gabriele – Civitanova Marche

“Tutti sappiano che la Grazia segue alle tribolazioni” (S. Rosa)

Incipit h. 17,30 – partenza
Viaggia la luce a filo del mare nel cielo che fiotta groppi d’afa.
Nell’impasto di nuvole che soffocano l’azzurro, la strada fiancheggiata da case e palazzi fugge via ritrosa allo sguardo.
Tace il vento, tacciono i pensieri, si placa a fatica il ribollio delle emozioni.
L’attesa è speranza, del gesto che redima, di un ricominciare, di un sorriso che si schiuda come rosa ai geli dell’inverno.
*** ***

Ancora una volta ad affrontare la pena di vivere, che è anche gioia, turbamento, scoperta.
Sofferto si apre il cuore a una nuova alba, ancora lontana dall’orizzonte.
Aspettando il crepuscolo, e le note immaginate dell’Angelus, nella bonaccia si leva un’invocazione trepida, commossa.
Poi l’imbarco, in una ressa di volti più noti, meno noti, quegli occhi che forano il brusco quando radente la luce accende barbagli di fuoco sulla distesa abbrividita. Si può allora incominciare ad aspettare il domani, l’attesa dell’alba, di una nuova alba, la smisurata distesa di acque solcate a prua, nel volteggiare flessuoso di un gabbiano.

Sera
Agonizzante, il sole saetta gli ultimi dardi su un mare elettrizzato. A porgere l’orecchio sulla superficie vibrante, se ne ascolterebbe il tintinnio.
Rasenti le acque palpitano voli, il tramonto si scioglie infocato fino a perdersi oltre l’orizzonte.
Vista terra, l’ombra di un albero chiomato, più in là di un sempreverde abbuiano cupe brandelli d’iridescenze.
Struggenti muoiono anche gli ultimi riverberi, fin quando cade il vento, vento di mare, e le colline sfumano nel viola della sera.
Cala il sipario, e viene la notte. La notte silente, vertiginosa. La notte infinita.

18.08.09, partenza da Split
Freschi i voli e lieve l’onda nel riflusso, la distesa d’acque è cinta da una specie di muraglia montuosa che ora digrada, ora s’innalza fino al cielo.
Il verde smagliante screziato del blu cobalto del mare sfavilla ai raggi dorati del sole.
Declivi, vegetazione che si affaccia sullo strapiombo, cime dei pini che macchiano frastagliando l’orizzonte ancora avvolto nelle brume antelucane.
Dove i dardi calano a picco, lo specchio liquido è un lago sfolgorante, tremante alle brezze mattutine.
Dove lo sguardo non si può posare, spade di luce accecano i sensi.
La preghiera di Don Gianfranco, è proprio il caso di dire, ci rinfranca. Dice che il Paradiso è già qui, basta essere in comunione con il Padre.
Ognuno, ogni pellegrino ha una sua storia: storie che racconteremo, storie che faremo nostre, storie che tramanderemo, innestando quella marcia supplementare che solo la Fede sa dare.
Alessio, nel suo silenzio rotto da gorgheggi, meravigliosamente annuisce, gli occhi che riverberano l’Immenso, come degli altri bambini e di tutti i bambini del mondo.

Sulla strada per Medugorje
Si sale, in alto, sempre più, fino a sfiorare il cielo, cantava un motivo.
Voragini di luce dominate da rocce a picco e da speroni solitari, austeri riempiono il vuoto d’aria e acqua.
Rocce che fuggono precipitevolissimevolmente per tuffarsi nel mare, tra spume e trine d’azzurro.
Sullo sfondo, lingue lunghissime isolate nel salmastro che, quando s’alza il vento, manda bagliori d’oro e lapislazzuli.
25 giugno 1981: l’infaticabile Mario ricorda la prima apparizione della Gospa.
Noi restiamo in attesa, mentre il paesaggio vira bruscamente, per diventare petroso e disseminato di arbusti e di verde.
Verde che guarda il cielo.
Quel cielo, prima confuso col mare, che adesso si libera della terra scabra, come un fiato leggero.
La Madonna, nel Segno delle Croce e della Luce, non recita l’Ave Maria.
Pellegrini affamati di certezze, noi sì, non ci stancheremo mai, affinché, ammoniscono i veggenti, “ogni creatura possa sentire l’amore di Dio”. Già toccati, aspettiamo un’altra, estrema benedizione.
Pomeriggio
Meriggio immoto, frinire di cicale, roboare di un motore. Beatitudine di un attimo.
Nella quiete attonita, macchie di verde sull’estenuato celeste che fatica a sostenere il peso della canicola.
Il sommesso brusio della natura ammicca e invita a riflettere.
Una manciata di minuti e, il sole impietoso sui nostri penosi passi, saliremo alla Croce Blu.
È da lì che inizieranno a porsi, incalzanti quant’altre mai, le domande, cui forse un giorno troveremo risposta.
Folgorati sulla via.

sera
Mentre la sera scolora oltre le trasparenze del cielo e leggere si levano le brezze ristoratrici, avanza pian piano la notte.
Cadono le prime ombre, fin quando un velo uniforme copre tutte le cose, sfrangiandone i contorni.
Nella quiete dei sensi e dello spirito, il respiro della natura si effonde tutt’intorno, medicamento portentoso alle ferite anche le più profonde.
I volti confusi nel buio spirano pace, e comunque guardano a quel porto sospirato.
Seduti in emiciclo, ognuno racconta la storia di un perché. Perché siamo qui a Medugorje? Quale spinta interiore ha mosso i nostri passi fino a questo luogo romito di beatitudine e Grazia? Che cosa si aspetta ciascuno di noi dal pellegrinaggio?
Le domande escono a fior di labbra, l’emozione dà un brivido all’anima.
Le risposte restano quasi sempre dentro, nell’urna del cuore.
Quei segni li potrà leggere su un pentagramma frastagliato e zeppo di notte e pause solo Chi, attimo dopo attimo, scruta vigile e misericorde il nostro cammino, attento a che nessuna delle sue pecorelle non diverta dal tracciato, e, in grembo alla Luce, si salvi.

19.08.09 Mattino. Salita al Podbrdo
Nella luce. Nella luce accecante del sole, i piedi che calcano una terra arsa dalla calura, i sassi levigati dal calpestio, la polvere ocra che somiglia a sabbia finissima.
Luce, lacrime, ascesa e ascesi. Dal peccato connaturale all’uomo alle stelle che risplendono sul capo della Vergine Maria.
Al ritorno, i piedi doloranti di mille domande, gli occhi pudicamente abbassati, le mani strette ai grani del rosario ad invocare la Grazia; su tutto, il domandare stupefatto di una bambina: “Mamma, anch’io voglio diventare santa!”. Anche la Fede è un nutrimento, cibo spirituale. Occorre saperla ben alimentare l’anima. Così fa quella mamma che, sempre alla sua bambina che affronta intrepida la salita per carezzare l’immagine della Madonna, le dice dentro un sorriso: “I veggenti l’hanno vista per davvero, la Mamma Celeste, e questo è un Dono del Signore”.
Capite? Non so voi. Io, ancora incredulo e interdetto, mi sforzo pervicacemente di capire, di dare una risposta.

Pomeriggio
A me non è dato il privilegio di ascoltare una testimonianza di Fede. È però concessa ognora la Grazia di guidare ed essere guidato in questo cammino irto e scosceso dalla carne della mia carne.
Nel meriggio infuocato io e Alessio siamo liberi di scorrazzare per l’ampio piazzale su cui si affaccia nelle sue linee semplici e melodiose il santuario.
Una breve visita, la Madonna ha sentito il tuo grido di gioia, dolore e speranza insieme.
Qui dentro, e dentro la chiostra dei monti da cui prende nome questo sperduto villaggio di una manciata di anime ho lasciato esausto i pesi della mia esistenza, le lacrime, le richieste.
Tu, Madre che tutto accogli, sai qual è il momento di passare all’azione con la Tua preziosissima, indispensabile mediazione, effusa dallo Spirito che conduce al Salvatore, alla Vittoria.

*** ***

“Fai un sorriso e la tristezza passerà…”, così dice la canzoncina dello Zecchino d’Oro.
È proprio vero.
Ma come si fa a non sorridere, pur trascinando seco la zavorra dei dolori e degli interrogativi che viepiù incalzano, quando la Luce di Dio muta clamorosa t’investe?
Il corpo e l’anima, in questo percorso a ostacoli che è la Fede, si fanno Luce. Non li seducano l’ombra, le tenebre, che, in costante agguato, a ogni passo incombono.

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A pranzo si è oggi toccata con mano la leggerezza, per così dire, di un peso alle volte insostenibile, quand’esso è aggiogato al carro del Signore Gesù.
I bambini, la nostra vita, la gioia e i turbamenti. Sai, i miei figli…
Parole che scarnificano il corpo ma anche l’anima.
Troveremo il balsamo, quell’unguento sparso a pine mani per guarire, e guarirci? Affidiamoci per ora al sorriso della Gospa, gli occhi beneauguranti colti da un’ombra fuggitiva, che parlano. Nel miracolo della convivialità.

h. 22,00
Un segno. Alla inesausta ricerca di un segno, per credere, fortissimamente credere.
Il dono dell’Altissimo è incommensurabile, la Sua Divina Misericordia sgorga dal cuore a guisa di due raggi a illuminare le tenebre. Ma il vero Dono è la Fede, che non vive di segni, quanto di abbandono totale e fiducioso al Padre.
Scrivere ancora significherebbe oltraggiare il Mistero, violandone i sacri penetrali.
Solo il Silenzio parla, si fa parola, Carne, Sangue di Cristo.

20.08.09 mattino
Incontro alla pinetina con la veggente Marja. Ella ammonisce suadente, le sue parole fustigano vellutate le ruvide spire del nostro quotidiano.
Pregate, pregate, pregate.
La sofferenza come offerta totale di sé, tramite necessario per la Luce.
In ogni storia è celato un Disegno dalle trame perfette, sghembo solo agli occhi ciechi degli uomini. Un Progetto di Gloria, che solo a coloro che avranno creduto sarà svelato, oltre il tempo, oltre quest’effimero passare.

h. 11 S. Messa
Solito mordi e fuggi di Alessio lungo il perimetro del quadrato antistante la basilica, adombrato di verde e stupore.
I pellegrini ascoltano, chi più, chi meno assorto, la S. Messa.
Virate cadenzate da trilli, toccate e fughe a volo d’uccello catturano gli sguardi incuriositi.
Chi sorride di fronte a tanta inopinata fantasia, chi assurdamente resta infastidito a un vibrare delle ali implumi.
Mah, è così. C’è chi non sa apprezzare più nemmeno una carezza, un gesto muto, la voglia di stabilire un contatto da parte di un angelo disceso su questo strano, a volte inospitale pianeta. Pomeriggio presso l’Orfanotrofio di Suor Cornelia
Il Male, realtà che esiste, è il contrario dell’Essere, del Logos, che è Amore, Misericordia, Perdono.
Ne esistono purtroppo gli adepti, apostoli dell’Avversario che, divorati dal demone della distruzione, nulla risparmiano al loro passaggio.
Il Male, assenza di Bene, è però miope, prima o poi le frecce alla faretra saranno rese innocue da un gesto salvifico, dalla Parola, da una manifestazione d’Amore che sbaraglia ogni pur agguerrita resistenza.
I cinque sassi contro il Golia della tentazione in tasca, facciamo ritorno alla pensione Ana con un’arma in più.

Sera. Incontro con Krijan
Scende la sera e carezza l’aria, quando l’azzurro che via via svapora in cilestrino cerca ancora, indomito, cittadinanza nell’intricatissima trama dei rovi e dei cespugli scompigliati dal vento.
Poi la notte, su ali di colomba che toccano il cielo, voragine di stelle.
Già lo scorso pellegrinaggio tributammo un grazie di cuore alle parole di quest’intrepido araldo della Fede, ancora una volta testimone di Amore, di Speranza, di Carità.

21.08.09, h. 6,00 salita al monte Krizevac
Dei puri di cuore è il cielo.
Dei crocifissi, non dei crocifissori. Dei bambini, degli eunuchi, di chi torna a guardare il mondo con gli occhi incantati della fanciullezza.
Di chi sale, sale, le piaghe sul corpo e nell’anima, e alla fine conquista la vetta.
Dei semplici, degli umili, non di chi punta l’indice ad accusare il prossimo.
Splende il duro Legno fatto pietra al crogiuolo del sole, a coronamento delle stazioni del Dolore, nella pienezza della Resurrezione.
Un pellegrino guarda Alessio, e gli porge, facendogliene dono, l’immagine di Gesù Misericordioso, quale ebbe a vederlo nelle sue estasi suor Faustina Kovalska.
Quel Segno di cui sentivo fame è ora Realtà, trascendente ma tangibile, concreta, luminosissima.
Discesi dal ripido costone aggrappati a cigli di roccia, i piedi a trovare un appoggio sulla superficie levigata da una Fede immarcescibile e salda, saliamo a bordo dell’autobus che ci riporta al villaggio di Bijacovici.
Stanchi, ma tocchi della Grazia.

22.08.09. Mattino
Quando Dio chiama, è impossibile resisterGli.
Anche se non è così facile come d’acchito potrebbe sembrare.
Il cammino è lungo e irto di ostacoli, non è dato guadagnare la vetta così e semplicemente.
La porta che apre alla Luce è stretta, occorre buttare via il superfluo, sfrondare il nostro albero del troppo e vano, presentarsi all’Altissimo con l’anima candida e bambina.
Gli esempi offerti e raccontati dai ragazzi e dalle consacrate della Comunità sono fulgidi, edificanti, insegnano a camminare sulla retta via.
Uscire da se stessi, dal proprio egoismo, dalla propria vanità, e spendersi per l’altro, in tutto e per tutto, è questo il motto che guida i passi di questi apostoli del terzo millennio. L’umiltà sconfigge tutto, sbaraglia anche il male più radicato, incancrenito. Ce lo dice attraverso le piaghe sanguinanti quel Cristo Crocefisso, a similitudine di Chi, oltre duemila anni or sono, volle dare la sua Vita in un cruento obbrobrioso olocausto, per condurre l’umanità reietta e irretita nelle tenebre del peccato alla Verità.
Vicino a quel duro legno l’immagine di Gesù Misericordioso, ancora palpitante nel cuore.

23.08.09 h. 12,00
Per la terza volta in quest’angolo di Paradiso, l’orfanotrofio di Suor Cornelia.
Tre sole le parole a illuminare il cammino: Fede, Amore, Carità.
Mi dice: “Ti ho adottato come figlio mio, Giuseppe”. Gli occhi mi si inondano di lacrime, mentre a una spanna Padre Francesco traccia il Gesto indicibile.
Strano, non conosceva il mio nome. Ma in questo luogo di Grazia nulla è impossibile a chi ha Fede.
“Vedrai, andrà tutto bene”, dice ancora la Madre Superiora, immergendo i suoi occhi color del mare nei miei e negli occhi profondissimi del mio bambino.
Il cuore illuminato, ritorniamo sui nostri passi. Anche se, specie in queste occasioni singolari di Chiamata, il Diseredato va in brodo di giuggiole e, trovato il nervo scoperto, infierisce a colpi di maglio, quando non usi l’arma letale della sottigliezza.
Un canto si leva dalla turba orante: Ave Maria, prega per noi.

Pomeriggio alle cascate di Ljubusky. Exit
“Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per gli amici”.
In attesa trepida dell’ultimo appuntamento con la Vergine in terra bosniaca, lungo il percorso malagevole rischiarato da tante facelle che esaltano ancor più il silenzio profondissimo della notte, dentro una preghiera sussurrata appena che sgorga diluviale dal cuore a portare la Pace, lamine sottili di pioggia impediscono ai pellegrini meno riottosi di tuffarsi nello splendore delle cascate, incastonate come perle preziose nella vegetazione selvaggia: discreto ammonimento a non protrarre l’ora del commiato.
La rocce a picco rotte qua e là da arbusti e pini stremati dalla calura dell’estate, l’estate che muore, il sogno che se ne va con gli ultimi vagiti del sole che fatica ad aprirsi un varco tra le nuvole.
Anche noi moriamo un po’ a noi stessi, per rivivere in un’altra forma, in un altro spirito, in un’altra, forse, consapevolezza.
Il mare che ci divide dallo stivale domani, forse, luccicherà ai dardi dell’astro celeste, e accenderà scintille sulla distesa che spazia oltre lo sguardo.
Torneremo ai nostri pensieri, elaborando sensazioni, rivivendo emozioni, riascoltando al suono lieve della risacca del crepuscolo la litania dolcissima di quelle parole, piovute dal Cielo, che scenderanno come balsamo miracoloso sui nostri giorni, le nostre incertezze e le ansie, il nostro desiderio di volare, più su, oltre le nuvole.

Giuseppe Fedeli

Post Scriptum
Ringrazio Voi tutti dell’allegra, strampalata, scanzonata quanto meravigliosa brigata, i vostri sorrisi, le vostre lacrime, la vostra solidarietà e la complicità specie nelle situazioni più difficili e comiche che, con la forza di un’ironia garbata, hanno avuto il potere di trasformarsi in situazioni grottesche, surreali, quando non abbiano rasentato il paradosso.
Grazie allora Mario e Giovanna per la Vostra indefessa collaborazione e l’alacre impegno a che il pellegrinaggio sfociasse nel mare misericordioso della Grazia, per ciascuno secondo il cammino di Fede, le personali valutazioni, la capacità di metabolizzare tante, financo troppe emozioni; grazie Cristiano per il tuo essere sempiternamente diviso in due, per aver tirato fuori a brano a brano anche dai tuoi innumeri stravaganti tatuaggi quel dualismo Bene/Male rappresentato nei fatti e nelle azioni, in una feconda quanto dilacerante esperienza di vita, che sono stati il perno su cui si sono incardinate tante delle discussioni e delle riflessioni che hanno animato il gruppo; grazie Rosalba per quella contagiosa voglia di riderci su, sulle intemperie e le ingratitudini della vita, per quelle boutades anche pepate, i frizzi e i lazzi estemporanei su quello che è stato il “tormentone” esilarante di tutta questa breve storia, che invece nascondono al fondo un abisso di umanità e sensibilità al vissuto dei fratelli, di compartecipazione solidale al riso come al pianto; tu come quella testa “matta” di Cristiano, certamente i più “gettonati”, e come molti degli altri, la coppia singolare Carlo-Rosella, sempre in singolar tenzone, sempre pronti a punzecchiarsi l’un l’altra, il primo cartesiano (ma strenuo credente), la seconda inflessibile nella Fede, ma facile a scivolare, come un po’ tutti noi pellegrini, sulle domande capitali dell’esistenza; le due Valentine, la piccola e l’altra, indefesse cantrici dell’Amore di Dio, voce orante e recitante della Mamma Celeste; e poi Giulio nel suo sguardo dolce e lungimirante a un tempo, quelli più giovani e quelli un po’ più attempati, gli ammogliati e i soli, le maritate e chi è ancora prigioniero di un sogno, passato o futuro non fa differenza.
Grazie. Grazie per la solidarietà che avete manifestata a fatti, non solo a parole, nei confronti di “bambini” speciali: Marco, Loris, il mio Alessio, e di tutto il garrulo coro di angeli in carne e ossa, perdonando le loro intemperanze, sopportando i loro strilli, attenti a che ciascuno di essi toccasse la “vetta”, anche quella più impervia e all’apparenza impossibile da raggiungere. Ma dicevamo, qui nulla è impossibile, a Dio piacendo.
Grazie a te, Renato, e ai tuoi figli a dir poco impagabili, per l’esempio che hai dato luminosissimo di famiglia unita e determinata nel vincolo di Fede e Amore, che ha fatto della sofferenza e dell’adesione ai valori fondanti della vita un credo, da cui mai deflettere, e a cui mai abdicare. Grazie, Suor Cornelia, grazie Padre Francesco, grazie a voi tutti delle diverse comunità sparse per il villaggio per la preziosa testimonianza di vita e di fede. Grazie, Don Gianfranco, anche quando hai eluso punti di domanda “scottanti”, impervi. E grazie a te, mia sposa, ed alla carne che concepisti con l’intervento della Grazia che sana ogni ferita.
Ma, sopra ogni altra cosa, grazie, Vergine Maria Santissima, che ci hai condotto per mano al porto, dove Gesù ci aspettava a braccia spalancate.